
(A cura di Luciano Osbat, Direttore del Centro diocesano di documentazione di Viterbo)
Il 6 e 7 ottobre scorsi, a Viterbo, nella sede del Centro diocesano di documentazione per la storia e la cultura religiosa, a Palazzo Papale, si è svolto un convegno nazionale dell’Associazione archivistica ecclesiastica che – al di là titolo piuttosto criptico “Luoghi di memoria. Artefici di cultura” – si è occupato di studiare soluzioni al problema della chiusura delle parrocchie per la mancanza di officianti, cioè di parroci o sacerdoti che ne abbiano cura. E’ un fenomeno che riguarda tutt’Italia (ma anche gli altri paesi in Europa) e che è ricco di conseguenze sia per la vita della comunità che a quella parrocchia faceva riferimento sia per i beni culturali che a quella parrocchia afferivano e in primo luogo all’archivio parrocchiale (ma anche la biblioteca – se c’è – e i beni storico-artistici e quelli mobili e immobili).
La riunione di più parrocchie in una sola o la soppressione di una parrocchia è una questione che ha riguardato negli anni recenti anche la Diocesi di Viterbo e le diocesi del Lazio: in un capoluogo dove c’erano molte parrocchie (come Viterbo) questo fenomeno ha avuto conseguenze significative ma ancora sopportabili; però in un paese dove c’è una sola parrocchia, quella chiusura è un disastro anche perché arriva dopo la chiusura della scuola, dell’ufficio postale, della caserma dei carabinieri, di alcuni negozi. Sembra che quel paese sia destinato all’estinzione perché vengono a mancare i cardini della socialità e quelli della garanzia dello svolgersi ordinato della vita civile.
Nel caso della chiusura della parrocchia poi, oltre a queste conseguenze, c’è quella che ha interessato il Convegno: che fine fa l’archivio parrocchiale e quei registri di battesimi, di matrimoni, di morti e di stati delle anime nei quali c’è la storia quotidiana, documentata, della parrocchia nei decenni e nei secoli passati? Se lasciamo l’archivio nella sua antica sede che si preoccuperà della conservazione di quelle carte ora che il parroco non c’è più o c’è solo di corsa? Se spostiamo anche l’archivio quelli della comunità che sono ancora in vita non hanno più gli strumenti da consultare per ricostruire la loro identità, una famiglia che vuole ricostruire i suoi antenati non avrà più modo di farlo, un emigrato che chiede i documenti dei suoi avi non riceverà alcuna risposta perché l’archivio dei battesimi e dei matrimoni non sta più lì. E l’archivio dove andrà a finire? Nella nuova parrocchia alla quale l’antica è stata unita? In un’altra chiesa? Nell’archivio diocesano competente per territorio? E allora che fare?
Questi i temi che sono stati dibattuto per due giorni sotto la guida del Presidente dell’Associazione archivistica ecclesiastica, mons. Gianluca Marchetti (che è anche Vice-Segretario della Conferenza episcopale italiana) e dei suoi collaboratori.
Il vescovo di Viterbo, mons. Orazio Francesco Piazza, portando il suo saluto, ha sottolineato la grande importanza del tema trattato dal Convegno al quale erano presenti oltre settanta tra archivisti, sacerdoti e laici (soprattutto donne), provenienti da tutt’Italia (da Trapani a Trento, da Albenga a Trani). Tra gli interventi prestigiosi e di grande importanza quello del Prefetto dell’Archivio apostolico vaticano, padre Rocco Ronzani, che ha parlato del ruolo svolto da quell’Archivio per la promozione e la valorizzazione degli archivi ecclesiastici italiani negli ultimi due secoli.
I partecipanti al Convegno hanno discusso in gruppi di studio che si sono svolti nelle sale del Centro diocesano di documentazione e che si sono conclusi con l’impegno a realizzare uno strumento che possa servire ai parroci e alle comunità dei fedeli per diventare consapevoli dell’importanza delle trasformazioni che sono in atto e siano informati di quelle decisioni che sono provocate da atti giuridici ecclesiastici e civili (come la soppressione di una parrocchia o l’unificazione di più parrocchie) ma che hanno enormi conseguenze per la vita religiosa e la vita sociale di quelle persone che quelle parrocchie ancora frequentavano e che ora devono prendere atto dei cambiamenti inevitabili. E con il proposito di continuare a studiare quello che riguarda il futuro dei beni culturali ecclesiastici, in particolare gli archivi, che hanno avuto un ruolo fondamentale nell’educazione religiosa delle comunità del passato e che oggi conservano un’importanza straordinaria per la storia culturale e civile del nostro paese.